La storia
Nel 1854 la città di Torino fu colpita da un'epidemia di colera, motivo per cui il Borgo Vanchiglia, all'epoca in degrado e costantemente soggetto all'umidità del vicino fiume Po, fu in larga parte bonificato e ristrutturato.
Qualche anno più tardi, la marchesa Giulia di Barolo, che aveva più volte soccorso gli ammalati del borgo stesso, volle finanziare un progetto per l'edificazione di una chiesa.
La chiesa fu costruita a tre navate tra il 1862 ed il 1866 dall’Architetto Giovanni Battista Ferrante. Nel 1855 si costituì un Comitato per la raccolta fondi. Nonostante il contributo di Re Carlo Alberto e la raccolta tra gli abitanti, l’impresa riuscì a decollare soltanto nel 1862 grazie alla Marchesa Giulia di Barolo. La Marchesa partecipò attivamente alla raccolta fondi donando 500 lire e, imponendo però 3 condizioni: che la Chiesa fosse intitolata a Santa Giulia, che il disegno del tempio fosse a 3 navate ed assegnato all’Architetto Giovanni Battista Ferrante. La prima pietra della Chiesa fu posata il 22 maggio 1862 Purtroppo, la marchesa non riuscì a vederne la fine, poiché morì il 19 gennaio 1864, due anni prima del completamento dei lavori. I lavori finirono secondo il testamento della marchesa.
Il 23 giugno 1866 la Chiesa fu aperta. Il 28 dicembre 1867 nacque l’oratorio di Santa Giulia.
Durante il secondo conflitto mondiale, due bombardamenti colpirono la chiesa e le sue pertinenze. I danni riportati furono lievi. I lavori di restaurazione, a causa dei costi elevati furono rimandati fino al 1981. Furono divisi in 6 sei lotti:
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facciata con paramenti in mattoni, cemento e pietra, compresi i serramenti (1981 – 1982).
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est lato oratorio (1982 – 1983).
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fianco ovest, altra navata (1984).
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abside e campanile (1985); nell’estate del 1982 un fulmine aveva gravemente lesionato il campanile.
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complesso casa parrocchiale, facciate e sostituzione serramenti. Cripta chiesa (1986).
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complesso casa parrocchiale, tetto, sala gotica, sala Nunzio, cortile, impianto di riscaldamento (1987).
La Chiesa si slancia maestosa nella omonima piazza ubicata nel quartiere Vanchiglia, occupando un intero isolato.
Chi erano Giulia e Tancredi?
Nata nella cattolica Vandea da nobile famiglia, rimase orfana di madre a 7 anni; poco dopo, all'epoca della rivoluzione, molti fra i suoi parenti, che appartenevano alle più alte sfere dell'aristocrazia francese, furono pubblicamente giustiziati.
Il 18 agosto 1806 si unì in matrimonio al marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo e nel 1814 si trasferì a Torino, a Palazzo Barolo. Ma il prevalente interesse dei due coniugi fu per la beneficenza: Giulia si dedicò all'assistenza delle carcerate e intraprese insieme con il marito iniziative benefiche: scuole gratuite, assistenza ai poveri, donazioni all'erigendo Cimitero monumentale di Torino. Con il marito fondò la Congregazione delle Suore di Sant'Anna.
Dal 1899 il suo feretro è riposto nella chiesa di santa Giulia, in borgo Vanchiglia, che lei stessa volle far costruire. La città le ha dedicato una via situata proprio nel borgo. In vita e nelle sue volontà dopo la morte si è impegnata nella costruzione di molte opere di beneficenza in favore dei più deboli e svantaggiati. Ultima sua opera di beneficenza fu la costruzione della chiesa di santa Giulia, nel popolare quartiere di Vanchiglia.
Si distinse per la sua brillantezza e per la sua azione a favore dei più deboli. *Giulia di Barolo, sangue nobile che risale al famoso consigliere del re Sole, nasce vandeana e conosce il sangue della Rivoluzione: da piccina, vede tanti suoi parenti e l’amata nonna salire il patibolo, mentre la folla della piazza esulta feroce al rotolare di una nuova testa blasonata. «Ricordati che io sono e sarò sempre vandeana», intimerà al ministro Cavour troppo anticlericale, quel “petit terrible Camille” con cui aveva giocato da bambina a palle di neve, in una delle tante villeggiature per rampolli di buona famiglia tra l’uno e l’altro confine. I Colbert fuggono il massacro in Olanda, finché Napoleone riapre le porte alla nobiltà esule.Giulia è bella, coltissima, raffinata, affascinante: a corte conosce e accetta l’uomo consigliatole dal padre e da Napoleone stesso, Carlo Tancredi Falletti di Barolo e si stabilisce nel suo sontuoso palazzo torinese, in una strada dal nome profetico: via delle Orfane. Giulia marcia a tappe forzate: c’è la peste che aumenta il lavoro, poi la morte di Carlo, spirato tra le sue braccia in un ostello di campagna: «In nome di colui che è finito come un pezzente, devo dedicarmi a tutti i miserabili: devo scontare i secolari privilegi degli avi, saldare i debiti che essi hanno contratto con gli sfruttati». Era il 1838, Il Capitale sarebbe stato pubblicato dieci anni dopo. Ospedaletto per i bambini disabili, scuole professionali per ragazze operaie; laboratori di tessitura e ricamo, l’Opera Pia Barolo (associazione di Giulia e Tancredi) che portò avanti i suoi compiti anche quando la marchesa non ci sarebbe più stata, e la chiesa di Santa Giulia.Aveva speso tutte le ricchezze di famiglia. Ma ne aveva accumulate di nuove, dedicandosi anche alla produzione del vino Barolo con tecniche innovatrici, e qui Cavour potè esserle utile, scontando in parte la sua scarsa frequentazione della Chiesa. «Marchesa, si dice un gran bene del vostro vino, pare rivaleggi coi blasonati di Francia e io non l’ho mai assaggiato», le disse una vota il re. Pochi giorni dopo una lunga fila di carri trasportava 325 botticelle dalla campagna a corte, una per ogni giorno dell’anno, esclusi i 40 della Quaresima, beninteso.
Invece Tancredi fu Guardia d'Onore a Cavallo e poi Ciambellano alla corte di Napoleone, dove incontrò Giulia di Barolo, che sposò il 18 agosto 1806. Nel 1810 fu nominato conte dell'impero. In seguito a quanto fece in vita per la povera gente, è servo di Dio della Chiesa cattolica, del quale è in corso il processo di beatificazione.